Quattro sorelle, ormai adulte e lontane da molti anni, si ritrovano bloccate nella stessa stanza per 24 ore. In palio c’è un’eredità che diventa l’innesco di un vero e proprio gioco al massacro fatto di rappresaglie, antichi rancori e desideri di vendetta mai sopiti. La menzogna e il non detto, i toni paradossali e grotteschi sono il ring su cui i quattro personaggi combattono l’ultima battaglia rimasta in sospeso dall’infanzia. Il ritmo è brillantissimo; i colpi di scena si susseguono in modo sorprendente fino a rendere esilaranti e paradossali tutte le enormi e comiche bugie su cui le protagoniste hanno basato le loro esistenze. Risate, riflessioni e una prova attoriale coi fiocchi: “Le Sorellastre”, al Teatro Manzoni di Roma fino al 18 dicembre, non solo non delude le attese, ma fa ritrovare nello spettatore quel desiderio di ‘commedia’ e ‘leggerezza’ mai facile da accendere.
Merito, innanzitutto, della scrittura mai banale di Ottavia Bianchi, sul palco assieme a Patrizia Ciabatta, Beatrice Gattai e Giulia Santilli per un poker di interpreti tutto al femminile che non sbaglia un colpo. Grazie anche alla regia di Giorgio Latini, che rende lo spettacolo, prodotto dal Centro Teatrale Artigiano diretto da Pietro Longhi, sempre vivo e godibile. D’altronde, la fortunata commedia di Ottavia Bianchi, attrice, cantante, co-direttrice artistica dell’Altrove Teatro Studio insieme al regista e attore Giorgio Latini, ha vinto il primo premio alla drammaturgia brillante Silvano Ambrogi e il primo premio Internazionale Castrovillari città di cultura, con il patrocinio dell’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico.
“Il testo – spiega Ottavia Bianchi – è stato in parte ispirato da una serie di interviste molto personali fatte alle attrici stesse della compagnia, ma anche a persone di età ed estrazione culturale delle più disparate. Il risultato di queste intime conversazioni è stata una divertente conferma: la casa natale non è sempre un bel posto dove crescere e imparare le cose del mondo e di questo, per sopravvivere, si può ridere attraverso il meraviglioso genere della commedia. Per famiglia intendo non solo i vincoli di sangue che spesso non rendono giustizia al diritto di ognuno di noi all’amore e all’accoglienza. Famiglia è un qualsiasi gruppo di persone accomunate da un bisogno, un desiderio, un problema importante che le tiene legate. L’essere umano in sé è un animale che mi repelle e mi attrae allo stesso tempo proprio perché, nonostante secoli di evoluzione, non ha imparato ancora le regole del vivere. La società cambia, l’uomo no. Le pareti di una stanza chiusa, come chiuso e segreto può essere lo spazio intimo della famiglia, sono il ring ideale, a mio avviso, per smascherare, attraverso il riso, il mito dell’evoluzione umana”.