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Il “Giorno della Memoria”, le riflessioni del Mons. Filippo Ortenzi, Arcivescovo della Chiesa Ortodossa Italiana
Il 27 luglio si celebra il “Giorno della Memoria”, in ricordo della liberazione del Campo di sterminio di Auschwitz avvenuta il 27 gennaio del 1927. Sul significato che tale data ha anche per i cristiani ne parliamo con mons. Filippo Ortenzi, Arcivescovo della Chiesa Ortodossa Italiana, in quanto all’interno di detta Chiesa si è costituito un Comitato per la glorificazione (canonizzazione) della principessa Alice di Battenberg il cui nome appare nello Yad Vashem di Gerusalemme come Giusta tra le Nazioni ed è stata insegnita col titolo di Eroe della Shoah dal Regno Unito.
Cosa rappresenta il Giorno della Memoria?
Il Governo italiano, con legge 20 luglio 2000 n. 211, ha istituito il Giorno della Memoria “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte” ed anche “coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati…”.
Il primo caso riguarda il ricordo dei 6.513 italiani assassinati nei campi di sterminio nazisti, soprattutto in quello di Mauthausen e di Buchenwald. In quest’ultimo ricordiamo che perse la vita anche la principessa Mafalda di Savoia, secondogenita del Re e moglie del langravio tedesco Filippo d’Assia-Kassel. Io da ragazzino ho conosciuto personalmente anche un sopravvissuto all’Olocausto, era un amico di mio zio Ottavio Sabellotti, che all’epoca (inizio anni ‘70) dirigeva il Commissariato di Polizia “Campitelli” di Roma, e ricordo ancora con orrore i numeri che i tedeschi gli avevano tatuato al braccio.
Il secondo riguarda i Giusti tra le Nazioni (Chasidei Umot HaOlam) di nazionalità italiana, ossia persone di religione non ebraica che hanno rischiato la propria vita e senza interesse personale per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista, che sono ben 734 e tra i quali troviamo ecclesiastici cattolici, come il cardinale Elia Della Costa, arcivescovo di Firenze e mons. Giuseppe Placido Nicolini, vescovo di Assisi; pastori protestanti, come il valdese Tullio Vinay, medici come il dott. Carlo Angela (padre di Piero Angela), funzionari pubblici, militari, ecc. Va ricordato comunque che il maggior numero dei Giusti è costituito da membri del clero e da religiosi cattolici, a riprova della sensibilità degli uomini di fede verso l’abominio di una politica razziale estranea alla cultura e alla fede cristiana.
Persone come Giorgio Perlasca che salvò oltre 5000 ebrei ungheresi spacciandosi per ambasciatore spagnolo. Il questore di Fiume Giovanni Patalucci e addirittura alcuni membri della Milizia fascista, come il corridore Gino Bartali e Ferdinando Natoni. Questo ultimo ebbe l’ardire, nel mentre riceveva l’onorificenza dal rabbino Toaff di rivendicare, pur condannando le leggi razziali e la politica di sterminio nazista, di orgogliosamente fascista.
Cosa pensa lei delle leggi razziali?
Che furono un errore estraneo all’umanesimo e alla cultura cristiana del nostro popolo e furono un tributo che l’Italia fascista fece in nome dell’infausta alleanza con il nazismo tedesco, che sul razzismo aveva fondato la propria ideologia.
In Italia esiste il popolo italiano ma non una razza italiana, noi forse siamo uno dei popoli più variegati del pianeta, nato dalla fusione tra gente italiche, germaniche (vedi le tribù degli Eruli, degli Ostrogoti e dei Longobardi), greche, fenice, arabe, normanne, spagnole ecc. Quando con la proclamazione del cristianesimo a religione ufficiale dell’Impero (imperatore Teodosio di Costantinopoli-Nuova Roma nel 380) fu abolita la schiavitù, nel nostro Paese essi costituivano il 20% della popolazione e tra questi vi erano anche schiavi di colore provenienti dalla Maoritania, dalla Nubia e dall’Etiopia.
Oggettivamente non credo siano ritornati in Africa e pertanto sangue negro penso scorra anche in molti italiani di oggi. Riguardo gli ebrei italiani, non dimentichiamo che vivono in Italia da almeno 200 anni prima di Cristo, diedero il loro appoggio alle lotte per l’unificazione nazionale e che lo stesso Risorgimento ebbe anche una chiara matrice biblica (vedi “Dio e Popolo” e l’appello di Mazzini alla gioventù italiana dove scrive: “Siate i Mosé che guidino la Nazione nella Terra promessa”.)
Va anche rilevato che molti ebrei diedero anche un apporto economico al nascente fascismo, vedi l’industriale Cesare Goldmann che fu uno dei fondatori dei Fasci Italiani di Combattimento e finanziatore del Popolo d’Italia, la presenza di 400 ebrei tra le 20.000 camice nere della Marcia su Roma, di almeno due ebrei membri del Governo Mussolini (il sottosegretario agli interni e membro del Gran Consiglio del Fascismo Aldo Pinzi, assassinato dai nazisti alle Fosse Ardeatine e Guido Joung che fu ministro delle Finanze dal 1932 al 1935, riuscendo a risanare il bilancio dello Stato). Il generale della Milizia Maurizio Ravà, che fu governatore della Somalia o Ettore Ovazza, direttore del giornale fascista “La nostra Bandiera” che morì assassinato dai nazisti e non dimentichiamo la scrittrice Margherita Salfatti, amante di Mussolini e autrice del libro Dux, che diresse il giornale Gerarchia e fu una delle ideologhe del Regime.
Le leggi razziali non furono condivise neppure da autorevoli esponenti del Fascismo quali Italo Balbo e il filosofo Giovanni Gentile (che morì assassinato dai partigiani comunisti a Firenze) e lo stesso Farinacci, il più accanito antisemita aveva per segretaria una donna di religione ebraica. Ciò non giustifica la condanna senza se e senza ma di una legge che rappresenta un’onta indelebile nrlla storia del nostro popolo. Va comunque ricordato che colui che materialmente predispose le leggi razziali, il prof. Gaetano Azzariti, non soltanto non neppure indagato dopo la guerra ma, riciclatosi antifascista e riabilitato dal Ministro della Giustizia Palmiro Togliatti, divenne addirittura Presidente della Corte Costituzionale dal 1956 al 1961.
Ritorniamo ai Giusti tra le Nazioni
Nel Talmud di Gerusalemme è scritto: “Chi salva una vita, salva il mondo intero” e secondo una tradizione talmudica ogni generazione conosce 36 lamedvavnikim, ossia 36 uomini dalla cui condotta dipende il destino dell’umanità. Nel 1963 la Corte Suprema dello Sato d’Israele ha creato una commissione, composta da 35 membri,
per designare quale Giusto una persona, non ebrea, che a rischio della propria vita, e senza aver tratto alcun vantaggio di natura economica o altro genere, abbia evitato a uno o più ebrei il pericolo di morte immediata o la deportazione in campi di concentramento. Tra i Giusti tra le Nazioni il cui nome compare nello Yad Vashem e nel Giardino dei Giusti di Gerusalemme non vi sono cittadini italiani di religione ortodossa ma unicamente perché non vi erano,
all’eopoca, comunità ortodosse in Italia ma sono numerosi i giusti ortodossi rumeni, bulgari, ucraini, russi e greci. Una di queste, grazie alla postulazione di due esponenti apicali della Croce Rossa quali Marcello De Angelis e Pierumberto Ferrero, è oggetto di una causa di glorificazione da parte della nostra Chiesa: la principessa Alice di Battenberg.
Chi era la principessa Alice di Battenberg e perché la reputate degna di essere canonizzata?
La principessa Alice di Battenberg è nota soprattutto per essere stata la suocera dell’attuale regina d’Inghilterra e madre del principe consorte Filippo di Edinburgo, ma oltre questo quasi nessuno ne conosce la storia e la figura. Nata da famiglia protestante (luterana) andò in sposa col principe Andrea, figlio del Re Giorgio I di Grecia, di religione ortodossa.
Durante le guerre balcaniche d’inizio secolo, mentre il marito era impegnato nell’esercito lei operò quale infermiera ededicandosi all’attivazione di Ospedali da Campo, ciò la portò alla collaborazione con la Croce Rossa Internazionale, organizzazione attualmente diretta dall’ italiano Francesco Rocca, e presso la quale gode di grandissima devozione. Convertasi alla fede cristiana ortodossa nel 1928, la principessa Alice durante il secondo conflitto mondiale utilizzò il suo patrimonio per organizzare, spesso in sinergia con la Croce Rossa Internazionale, Ospedali, mense per la popolazione affamata dalla guerra, e procurando preziosissime forniture mediche.
Nel 1949 fondò congregazione di monache infermiere (la Sorellanza cristiana di Marta e Maria) e nel 1953, all’incoronazione della nuora Elisabetta si presentò a Londra vestita da monaca dell’Ordine. Sua Altezza Serenissima la principessa Alice è morta a Londra il 5 dicembre 1969 all’età di 84 anni ed è seppellita in Israele, presso il Monastero Santa Maria Maddalena nel Getsemeni, sul Monte degli Ulivi di Gerusalemme. Nel 1993, alla memoria, fu insegnita dal governo israeliano quale Giusta tra le Nazioni, avendo nascosto diversi ebrei ricercati dalle truppe d’invasione naziste ad Atene e a Attiki Voiotie nella Grecia centrale,
preservandoli dalla deportazione e la morte. Anche il governo britannico le ha riconosciuto il titolo di Eroe della Shoah. Anche se al momento non risultano miracoli, l’ortodossia considera anche la devozione popolare (I fili d’erba) e le opere e, al riguardo penso che la figura della principessa Alice sia degna del titolo di Venerabile (titolo che spetta ad un santo monaco o monaca) e Misericordiosa, titolo inerenti a santi che si sono distinti per il lavoro di beneficenza, specialmente verso i poveri.
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