Onofrio tradotto anche in francese. Esce in Bretagna antologia poetica “Les rêves du souvenir”. Intervista all’autore di Marino

Onofrio tradotto anche in francese. Esce in Bretagna antologia poetica “Les rêves du souvenir”. Intervista all’autore di Marino

La statura di uno scrittore si misura, più che dal successo nel proprio Paese, talora legato a opportunità e circostanze discutibili, dall’attenzione e dall’autorevolezza che riscuote all’estero. Se dunque “nemo propheta in patria”, il polso caldo lo danno le traduzioni. Quando lo scrittore comincia ad essere tradotto e pubblicato all’estero, vuol dire che il suo valore è oggettivo, cioè che va oltre le beghe e le reti localistiche che guidano oppure ostacolano, in modo più o meno occulto, le dinamiche dell’affermazione nazionale. Ebbene, Marco Onofrio conferma e incrementa in questi giorni la portata internazionale che la sua quasi trentennale carriera letteraria ha ultimamente intrapreso. Il noto scrittore romano naturalizzato marinese, fresco del successo ottenuto il 15 ottobre scorso a Siviglia con la presentazione del suo “Emporium. Poemetto di civile indignazione” tradotto qualche anno fa in spagnolo, viene ora pubblicato anche in Francia. Dopo quelle in rumeno, spagnolo e albanese, ecco infatti la traduzione in francese: esce in Bretagna, con Raz Editions Poésie, la sua nuova antologia poetica bilingue “Les rêves du souvenir/I sogni del ricordo”. L’editore Philémon Le Guyader ha fortemente creduto nel libro, con cui ha voluto inaugurare una collana di interscambio culturale tra la migliore poesia italiana contemporanea e la rispettiva transalpina. Le 40 poesie raccolte nell’antologia sono state tradotte con amorevole cura da Auriane Sturbois. La prima parte del volume è quella tradotta in francese; la seconda è in italiano. Correda l’opera la magistrale prefazione del Prof. Rino Caputo, il quale evidenzia nella scrittura di Onofrio la «funzione creativa del sogno» come «deposito possibile dell’esperienza raggrumata nel ricordo». E chiosa: «Il sogno, il ricordo. Cioè, nella migliore tradizione della letteratura italiana ed euroccidentale, la Poesia».

Allora, Onofrio, è contento di questo nuovo traguardo?
“Contento è poco, ne sono felice. La gioia letteraria di una traduzione è davvero incomparabile”.

Quali emozioni si provano nel vedersi tradotti?
“È una grande soddisfazione, perché si è consapevoli che le proprie parole verranno lette e comprese da persone che dicono o scrivono quelle “stesse cose” in un’altra lingua e attraverso un’altra cultura. Si innesca un gioco di aggiustamenti tra le diversità, e il primo a consentirlo è appunto il traduttore che affronta il testo in lingua originale. Il dono della traduzione somiglia molto a quello che ci concede ogni viaggio all’estero: la possibilità di cogliere il diverso nell’uguale e, reciprocamente, l’uguale nel diverso. Le traduzioni sono fattibili perché l’esperienza umana è universale nel tempo e nello spazio: diciamo da millenni le stesse cose fondamentali, anche se le parole per dirle e le sfumature dei significati sono diverse”.

Quindi, mi pare di capire, per lei la traduzione assolve a un ruolo di mediazione civile e politica, oltre che culturale?
“Esatto. Dei traduttori si parla sempre troppo poco; eppure è anzitutto grazie a loro che le culture possono interagire per arricchirsi a vicenda. Una funzione che ritengo davvero importante per la salvaguardia della pace nel mondo, poiché a ben vedere è proprio dalla mancanza di comunicazione e dalla chiusura reciproca che nascono pregiudizi e conflitti: infatti ritengo i traduttori operatori di pace, prima che di mediazione tra lingue e culture”.

È soddisfatto della traduzione di questo libro?
“Sì, molto. Non è facile rendere con merito i significati profondi della scrittura, specie in poesia: la mia bravissima traduttrice vi è riuscita al punto di “francesizzare”, per così dire, l’origine del suono-visione, come se in francese appunto io pensassi e scrivessi i miei versi. È quanto di meglio possa sperare uno scrittore quando viene tradotto”.

Perché il titolo “I sogni del ricordo”?
“Perché rappresenta il cuore stesso della mia poetica, fondata sul sogno e sul ricordo. La memoria è fondamentale per la scrittura, i ricordi sono il bagaglio indispensabile di ogni artista. Ma i ricordi sono in perenne conflitto con i sogni, che li vorrebbero diversi e più simili ad un’altra prospettiva. Certi ricordi speciali, talvolta immaginari, possono scaturire dai sogni, se non altro il ricordo del sogno stesso; accade più di frequente, però, che siano i sogni a trasudare dai ricordi. La memoria può allora “smemorare” in un sogno infinito che scioglie i confini del tempo nell’eternità, ed è a questa dimensione profonda — tra fisico e metafisico — che viaggia secondo me la parola agglutinante della poesia, con la sua particolare concentrazione linguistica”.

Quando cadrà il trentennale della sua carriera letteraria?
“Il prossimo aprile: nell’aprile 1993 pubblicai infatti, a Milano, il romanzo “Interno cielo” che fu il mio libro di esordio”.

Quale sarà la sua prossima pubblicazione?
“Un libro di saggistica: è una raccolta di studi e riflessioni a carattere storico, politico e società. La pubblicazione è prevista nel 2023”.

E la prossima traduzione?
“Credo e spero in inglese”.